01 Set Permeabilizzazione e Depermeabilizzazione
Pasquale Salvatore
past Consigliere Nazionale CNGeGL
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Introduzione
La permeabilizzazione e la depermeabilizzazione sono processi che riguardano la capacità del terreno di permettere o meno il passaggio dell’acqua attraverso di esso.
Quando il terreno è permeabile, l’acqua può penetrare nel suolo e raggiungere il livello freatico o essere assorbita dalle piante; questo processo è importante per mantenere il livello di umidità del suolo, e per sostenere la vita delle piante e degli animali.
Di contro, la depermeabilizzazione del terreno si riferisce alla riduzione della capacità del terreno di permettere il passaggio dell’acqua; questo può accadere a causa di una varietà di fattori, tra cui la compattazione del suolo, la costruzione di strade ed edifici conseguenti all’urbanizzazione, l’utilizzo di tecniche agricole intensive quali la coltivazione in terreni in pendenza e la sovrapposizione di strati di terreno di diversa natura o composizione.
I principali problemi provocati dalla depermeabilizzazione del terreno sono rappresentati dagli allagamenti e dalla modifica della qualità dell’acqua, che incide sulla vulnerabilità della biodiversità del suolo e delle piante che lo abitano. Inoltre, la depermeabilizzazione dei suoli può portare all’infiltrazione dell’acqua nel sottosuolo, causando la irrilevabilità della quantità di acqua disponibile per le falde sotterranee e per le fonti idriche di superficie.
Per contrastare la depermeabilizzazione del terreno sono state sviluppate nuove e diverse forme di gestione del suolo, tra cui la costruzione di zone di raccolta dell’acqua piovana, l’utilizzo di tecniche agricole più sostenibili e la realizzazione di aree verdi urbane. Tuttavia, si tratta di iniziative che concorrono solo in parte a ridurre e migliorare la permeabilità del terreno e, soprattutto, il conseguente amplificarsi dei suddetti problemi, i cui danni ambientali e sociali sono spesso irreversibili.
Purtroppo, il tema dello sviluppo sostenibile in termini ambientali viene spesso solo annunciato, ma poco praticato nei fatti, che dovrebbero condurre a provvedimenti normativi finalizzati a risolvere concretamente la questione ed invertire il processo di depauperamento dell’eco-sistema.
I RET Regolamento Edilizio Tipo
Qualche timido segnale è individuabile nel RET (Regolamento Edilizio Tipo), dove vengono indicati – in modo univoco e validi per tutto il territorio nazionale – i termini del settore edilizio, dove trovano spazio anche le definizioni di Superficie permeabile SP e di Indice di Permeabilità IPT/IPF (cfr. Quadro delle definizioni uniformi)[1]. Alle singole regioni è lasciato l’onere di stabilire le percentuali dell’indice di permeabilità, che oscillano fra il 25% e il 40%, e quindi una superficie permeabile minima rispetto a quella fondiaria: percentuali che andrebbero incrementate per garantire la migliore salvaguardia dell’ambiente.
Cambiamento normativo e gestione del territorio
Ai fini della tutela ambientale, il cambiamento normativo deve riguardare l’intero complesso dei provvedimenti che regolamentano la gestione del territorio, a partire dalla Legge urbanistica fondamentale, alle norme in materia di espropriazioni, fino a quelle per la gestione della proprietà privata e pubblica. E’ altrettanto importante che vengano destinate le necessarie risorse economiche, e che venga attuata la verifica ex post degli interventi mediante il monitoraggio delle ricadute in termini di benefici, nonchè di controllo della validità degli elementi assunti in base alla progettazione.
Contenere il consumo di suolo
In realtà, lo strumento principale per intervenire è quello di evitare il “consumo di nuovo suolo”, cioè sottrarre ulteriore terreno all’ambiente naturale sia a fini agricoli, sia per incrementare l’espansione urbana. In altri termini, è indispensabile sospendere il continuo processo di antropizzazione che, fino ad oggi, ha provocato solo effetti ecologicamente nefasti.
In quest’ambito, già nel 2006 veniva sottolineata la necessità di porre in essere buone pratiche per mitigare gli effetti negativi dell’impermeabilizzazione del suolo; a seguire, nel 2011, con la Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse (COM 2011 571), la Commissione Europea ha introdotto l’obiettivo di un incremento dell’occupazione netta di terreno pari a zero da raggiungere, in Europa, entro il 2050, obiettivo ribadito in seguito con l’approvazione del Settimo Programma di Azione Ambientale nel 2013.
L’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite
Il tema del monitoraggio del territorio è presente anche nell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e nei relativi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs), da raggiungere entro il 2030[2]. Tra i 17 obiettivi ve ne sono alcuni che riguardano da vicino il fenomeno dell’impermeabilizzazione e del consumo di suolo: in particolare, il target 11 “Rendere le città e le comunità più sostenibili” e il target 15 “Proteggere, ristabilire e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, la gestione sostenibile delle foreste, combattere la desertificazione, fermare il degrado del territorio e arrestare la perdita della biodiversità”.
Seppure in assenza di una specifica normativa nazionale di riferimento – e quindi di obiettivi sul tema – l’Italia è comunque tenuta a rispettare quelli comunitari e quelli dell’Agenda 2030, che anticipano un processo di monitoraggio costruito attraverso un sistema di indicatori, alcuni specifici sul consumo/uso del suolo e sulle aree artificiali, che prevedono – entro il 2030 – l’allineamento dell’utilizzo alla variazione demografica e il bilancio non negativo del degrado del territorio.
A livello regionale, invece, sono diverse le norme che impongono obiettivi di contenimento progressivo del consumo di suolo, anche a fronte della considerazione che il patrimonio immobiliare ed infrastrutturale esistente è più che sufficiente se rapportato al calo demografico e, soprattutto, alle mutate esigenze della società, condizionata anche dall’invecchiamento della popolazione: le abitazioni vuote nei centri abitati e nelle periferie non sono pochi, e si tratta di immobili per lo più fatiscenti, la cui rilevanza storica è pressoché nulla.
La rigenerazione urbana
Il punto di partenza di un intervento sull’intero impianto normativo è una nuova Legge urbanistica che preveda solo interventi di rigenerazione urbana (di interi quartieri o di singoli edifici), mediante la demolizione di opere (fabbricati e infrastrutture) e la loro ricostruzione nel rispetto dell’ambiente. A corollario: agevolare cambi di destinazioni d’uso di edifici esistenti con premi di cubatura di superfici per giardini e verde urbano, consentendo (e sostenendo) la realizzazione di opere non impattanti. Si tratta, in estrema sintesi, di mettere in atto vere e proprie pratiche di depermeabilizzazione, con rimozione dei vecchi strati di superficiali in cemento o asfalto, sostituendoli con pavimentazioni adeguate.
La verifica deve avvenire mediante la misurazione dell’impatto sul territorio nell’ambito della valutazione dei Servizi Ecosistemici, intesi come i benefici che il capitale naturale offre all’uomo. Si tratta, secondo ISPRA, di un approccio che è stato oggetto di un crescente interesse per le sue applicazioni a livello globale e regionale, in relazione alle politiche di pianificazione locale.
Sempre secondo ISPRA, “Lo studio dei servizi ecosistemici del suolo è utile per valutare gli effetti prodotti dal consumo di suolo e, per questo, dal 2016 viene proposto sperimentalmente da ISPRA a scala nazionale per favorire la considerazione del valore del suolo come risorsa non rinnovabile e scarsa, che costituisce la piattaforma della vita e che non è sostituibile da tecnologia o innovazione, e che costituisce in ultima analisi un bene comune, da tutelare nell’interesse collettivo. L’approfondimento delle metodologie di valutazione dei singoli servizi ecosistemici costituisce una conferma della necessità di proseguire nello sforzo avviato di valutazione di servizi in termini biofisici ed economici, utilizzando le migliori informazioni disponibili e promuovendo una conoscenza sempre più approfondita dei fenomeni, attraverso un confronto aperto e ricco con la comunità scientifica nazionale e internazionale afferente a diversi campi disciplinari coinvolti che comprendono la pedologia, l’agronomia, le scienze forestali ed ecologiche, l’urbanistica, l’economia ambientale. É ormai condivisa, infatti, la necessità di una quantificazione delle perdite causate dal consumo di suolo, anche in termini economici ma mai finanziari, e della rappresentazione delle qualità dei suoli e degli ecosistemi, che determinano le diverse entità della perdita attuale e futura. L’auspicio è che tali stime possano supportare una migliore comprensione del ruolo essenziale dei suoli non artificiali, per la tutela del territorio e del paesaggio, anche in ambito urbano”.
Tale percorso può essere realizzato con un approccio multidisciplinare integrato che – mettendo a confronto diverse competenze – mira a raccogliere e analizzare dati, tecniche, strategie, modalità e orientamenti per la tutela e la gestione sostenibile del suolo.
In conclusione, la tutela del suolo dai processi di impermeabilizzazione e dalla perdita di materia organica non può che partire da:
- una conoscenza dettagliata del territorio (Quadro Conoscitivo) che – tenendo conto delle informazioni aggiornate acquisibili da banche dati e verifiche dirette con l’ausilio di GIS e SIT – fornisca gli elementi necessari per l’elaborazione di proposte progettuali eco-sostenibili;
- una inversione nel modo di legiferare, dando stabilità al quadro normativo di riferimento anche attraverso un migliore coordinamento a livello centrale;
- un sostegno alla rigenerazione territoriale che vada oltre un quadro normativo-prescrittivo o misure fiscali (non di rado spot), ma con programmi sostenuti da interventi finanziari ad integrazione delle ricadute economiche dei servizi ecosistemici.
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