14 Set I RIFERIMENTI LEGISLATIVI AMBIENTALI LEGATI ALL’EDIFICIO, ALL’AMBIENTE CHE LO CIRCONDA E ALL’INTERAZIONE DELL’EDIFICIO CON GLI OBIETTIVI NAZIONALI, EUROPEI ED INTERNAZIONALI – PARTE 2
La “qualità edilizia” nella moderna accezione di qualità funzionale spaziale, tecnologica, tecnica, ambientale, manutentiva, operativa e utile: “from follows sustainability”
A cura della commissione Sostenibilità ambientale CNGeGL
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INDICE
La forma e l’orientamento degli edifici
La geometria di un edificio, o di un ambiente, e il suo orientamento nello spazio sono in genere il risultato di un complesso processo progettuale, in cui interagiscono diverse componenti di natura urbanistica, estetica, funzionale, ergonomica, tecnica, economica e ambientale.
La scelta della forma costituisce un passaggio fondamentale ai fini della qualità edilizia dell’opera da realizzare, sia in termini di qualità architettonica sia in termini di benessere, efficienza e competitività economica. Nella storia naturale è evidente come siano adatte a sopravvivere soltanto quelle specie che sono state in equilibrio con il proprio habitat, e dotate di un involucro adatto a resistere a tutte le forze interne ed esterne alle quali si trova esposto.
La forma è il risultato di campi di forze in equilibrio. Gradualmente, di esperimento in esperimento, la forma prende corpo attraverso un lungo processo di adattamento dell’oggetto ai bisogni dettati dall’uso, alla natura del materiale di cui è composto, agli strumenti impiegati nei processi di produzione. La forma tecnica è il risultato di un lavoro concreto, e di uno sforzo collettivo finalizzato ad ottenere la massima efficienza.
La forma segue la funzione. Nel nuovo scenario delineato dalla Comunità Europea, orientato alla promozione di un’edilizia sostenibile, l’obiettivo della progettazione deve essere quello di una mediazione tra forma, funzione ed efficienza, per il conseguimento della massima “qualità edilizia” nella sua più moderna accezione di qualità funzionale-spaziale, tecnologica, tecnica, ambientale, manutentiva, operativa e utile: “from follows sustainebility”.
Le prestazioni di un edificio sono fortemente influenzate dalla sua forma e dal suo orientamento, perché da questi elementi dipendono le numerose interazioni con le componenti ambientali del sito. Il microclima del contenuto, infatti, è determinato dai venti locali (caratterizzati da intensità, direzione e periodicità), dalla disponibilità di radiazione solare (legata all’esposizione e a eventuali barriere naturali e/o artificiali), dalla temperatura e dall’umidità relativa. Inoltre, anche l’influenza sull’ambiente interno di fattori come l’inquinamento acustico e atmosferico può essere in una certa misura controllata attraverso la geometria e l’orientamento dell’edificio: un corretto orientamento, un’appropriata forma e una razionale organizzazione spaziale e funzionale degli ambienti interni possono, infatti, consentire risparmi energetici significativi (nell’ordine del 30-40%) senza costi aggiuntivi, e migliorare sensibilmente il comfort termico, acustico, visivo e di qualità dell’aria all’interno degli edifici e degli ambienti più utilizzati.
Forma e orientamento concorrono, unitamente alla località di insediamento, a costituire una “rendita di posizione dell’edificio” tanto più alta quanto più è in grado di assicurare migliori condizioni di benessere degli occupanti, riducendo, nel contempo, le risorse ambientali ed economiche necessarie per la realizzazione e la gestione.
La scelta della forma
La forma dell’edificio è in primo luogo condizionata dal contesto territoriale e urbano in cui dovrà essere inserito (dimensione e forma del lotto di terreno, presenza di altri edifici, vincoli normativi eccetera); restano, tuttavia, numerosi gradi di libertà che rendono la forma dell’edificio una variabile progettuale determinante, in grado di influenzare le prestazioni nell’arco dell’intero ciclo vitae.
Per quanto riguarda i rapporti tra forma dell’edificio e prestazioni energetiche, è necessario fare due considerazioni di carattere preliminare:
- la prima è che non esiste una forma predeterminata in grado di ottimizzare le prestazioni: la forma ottimale, infatti, varia al variare delle caratteristiche climatiche del luogo (temperatura dell’aria, radiazione solare, ventilazione);
- la seconda è che per una data forma dell’edificio, le dimensioni e il suo orientamento costituiscono variabili altrettanto importanti ai fini della ricerca della migliore efficienza energetica.
Forma, dimensione e orientamento rappresentano pertanto variabili strettamente correlate, che devono essere considerate congiuntamente all’interno del percorso progettuale.
Dal punto di vista energetico, l’obiettivo è quello di individuare soluzioni progettali in grado di ridurre le dispersioni termiche invernali e di ottimizzare gli apporti termici solari e la ventilazione naturale, sia in inverno sia in estate. I principali parametri da considerare per la definizione della forma sono:
- la compattezza;
- la porosità;
- la snellezza.
La compattezza o “fattore di forma” (F), è definita come il rapporto tra superficie disperdente (S) dell’involucro (dato dalla somma delle superfici delle chiusure verticali e delle chiusure orizzontali superiore e inferiore) e il volume complessivo (V) dell’edificio.
F = S/V
Quanto minore è il valore del fattore di forma F, tanto minore è la dispersione termica poiché minore è la superficie dell’involucro in relazione allo spazio interno abitabile. Per favorire la compattezza del volume riscaldato, risulta conveniente collocare in vani scala all’esterno del volume riscaldato dell’edificio e preferire i balconi alle logge. A parità di forma geometrica, invece, al crescere del volume si riduce il rapporto di forma F, e si riducono proporzionalmente gli effetti ambientali.
Il secondo parametro di forma in grado di incidere sui comportamenti energetici di un edificio è dato dalla porosità, ovvero dal rapporto tra volume pieno e volume vuoto variabile in funzione della presenza di spazi interni semiaperti, come ad esempio i patii. Un edificio con un’elevata porosità risulta ideale per i climi caldi in quanto, anche se presenta maggiori difficoltà di isolamento dalle condizioni esterne, rende tuttavia più agevole la ventilazione delle zone interne. Tuttavia, la porosità è sicuramente vantaggiosa durante il periodo estivo, mentre nel periodo invernale è preferibile avere una maggiore compattezza.
Il terzo parametro, legato alla forma, è la snellezza, rappresentato dal rapporto tra le dimensioni della pianta dell’edificio e il suo sviluppo verticale. Un edificio che si sviluppa in altezza presenta, attraverso le superfici verticali, maggiore dispersione rispetto ad un organismo edilizio di pari volume, ma di altezza inferiore.
In base a tali considerazioni è possibile formulare alcune indicazioni di massima per la scelta della forma in relazione al clima locale.
Nei climi freddi è opportuno che la forma dell’edificio si presenti molto compatta, con un rapporto tra superficie e volume molto basso; è inoltre necessario ridurre al minimo le aperture vetrate e le relative misure delle superfici trasparenti sui lati non esposti a Sud, nonché aumentare quelle esposte ai raggi solari collocando, inoltre, su questi lati i locali maggiormente utilizzati (zone giorno).
Nei climi caldi-secchi l’obiettivo principale è invece quello di proteggere l’involucro dell’edificio dall’irraggiamento solare e di migliorare il microclima interno, favorendo la ventilazione degli ambienti e innalzando i livelli di umidità dell’aria. In tali condizioni sono da preferirsi edifici compatti, chiuse verso l’esterno, con ampie corti interne ombreggiate e arredate con vegetazione, e specchi di acqua per favorire il raffrescamento evaporativo e la ventilazione naturale dovuta alla differenza tra temperatura dell’aria della corte interna e quella esterna dell’edificio. La ventilazione può essere ulteriormente favorita mediante adeguate aperture in grado di catturare venti e brezze rinfrescanti.
Nei climi caldi-umidi le necessità di ottenere la massima ventilazione naturale rendono opportuno il ricorso a forme di fabbricati allungati nella direzione Est-Ovest, possibilmente rialzate rispetto al piano campagna e dotate di ampie aperture. In tali climi è consigliato l’uso di vegetazione a ridosso dell’edificio con funzione di controllo del microclima e di protezione dall’eccessiva radiazione solare diretta.
Nei climi temperati appaiono preferibili le forme leggermente allungate lungo l’asse Est-Ovest e dotate di balconi e di ampie aperture vetrate sul lato Sud, che danno la possibilità di sfruttare l’apporto termico solare nel periodo invernale. In estate tali aperture dovranno essere opportunamente schermate al fine di prevenire fenomeni di surriscaldamento degli ambienti.
In conclusione, dove l’ambiente naturale è propizio, le forme tendono a comunicare con l’ambiente e a integrarsi a esso; quando l’ambiente è avverso, le forme tendono a chiudersi e a conservare l’equilibrio del microclima interno.
La scelta dell’orientamento
Come la forma, la scelta dell’orientamento degli edifici dipende da molti fattori: la topografia locale, le vedute panoramiche, la radiazione solare, l’intensità e la direzione dei venti, il clima acustico, la qualità dell’aria, i requisiti di privacy. L’orientamento del fabbricato e l’esposizione delle singole facciate possono influire notevolmente sulle future prestazioni dell’edificio e sul comfort degli spazi interni, contribuendo anche a determinare il valore commerciale dell’immobile. Dal tipo di orientamento dipendono, infatti, gli effetti termici e luminosi della radiazione solare, la possibilità di beneficiare o meno della ventilazione naturale e la qualità del clima acustico degli ambienti interni.
Soleggiamento degli edifici
Al fine di poter determinare il migliore orientamento di un edificio è necessario, preliminarmente, definire i fattori caratterizzanti il soleggiamento. Tali fattori riguardano:
- la durata dell’insolazione;
- gli effetti termici della radiazione solare;
- i rapporti con la temperatura dell’aria;
- la penetrazione dei raggi solari negli ambienti.
A – La durata dell’insolazione. Si definisce durata dell’insolazione il numero di ore di sole che interessano la facciata di un edificio in un dato arco di tempo. Per una data latitudine, essa è funzione dell’esposizione della facciata e della stagione dell’anno. Considerando mediamente una durata di 12 ore di sole giornaliere, si calcola per l’intero anno un numero teorico di ore di sole pari a 4.400. Per la latitudine di Parigi (48.8° N) il numero totale annuo di ore di sole, calcolato su una superficie orizzontale liberamente esposta alla radiazione, è pari a 4.448, molto vicino al valore teorico. Si riportano le ore di sole annue riguardanti le singole esposizioni per l’Europa Centrale (Italia compresa) espresse in valore assoluto e in percentuale rispetto al totale annuo (4.448 h)
B – Effetti termici della radiazione solare. L’altro importante parametro che, deve essere considerato al fine di un buon orientamento di un edificio, è rappresentato dalla quantità di calore che il soleggiamento apporta a una facciata. Per una data facciata la quantità di calore apportata dal soleggiamento non dipende unicamente dalle ore di sole complessive (durata dell’insolazione), ma anche dall’inclinazione dei raggi solari durante le ore di soleggiamento e quindi, per una data latitudine, dall’ora del giorno e dal giorno dell’anno, nonché dalle caratteristiche dell’atmosfera. La somma dei valori dell’intensità di insolazione rilevata fornisce l’energia giornaliera ricevuta, ossia il numero totale di calorie che nell’intera giornata interessa una facciata (per la consultazione dati climatici, irradiazione e latitudini, cfr. la Norma UNI 10349). Le facciate Sud godono, infatti, di molta più radiazione solare in inverno, quando il Sole è più basso, che in estate, quando i raggi del sole, alti sull’orizzonte, arrivano tangenzialmente con un effetto calorico limitato. Tali facciate sono dunque le più fresche in estate, con il sole più alto, la schermatura della radiazione solare con aggetti o tende frangisole risulta più facile a Sud. Per tali motivi l’esposizione a Sud risulta ideale non solo per garantire un adeguato comfort termico, ma anche per la riduzione dei consumi energetici attraverso lo sfruttamento dell’energia solare con sistemi passivi e attivi. Le pareti esposte a Est e a Ovest risultano invece fredde in inverno e calde in estate, perché sono investite per diverse ore della giornata da radiazioni solari con angolo di incidenza molto alto rispetto al piano della facciata. Inoltre, proprio perché il sole si presenta per molte ore della giornata basso all’orizzonte, la schermatura delle superfici vetrate risulta più complessa (occorre installare schermi verticali). Le facciate a Sud-Est e Sud-ovest presentano, in assoluto, la maggior regolarità di insolazione durante l’intero anno essendo minima la variazione sia dell’intensità massima giornaliera, sia della quantità di energia ricevuta nell’intera giornata. Le facciate Nord-Est e Nord-Ovest presentano, invece, le maggiori variazioni di intensità massima giornaliera; risultano altresì accentuate le oscillazioni della quantità totale di energia giornaliera ricevuta nel corso dell’anno. Tali facciate risultano fredde da settembre ad aprile. L’orientamento verso Nord riceve invece la radiazione solare in misura ridottissima, è spesso esposto ai venti freddi invernali ed è maggiormente soggetto alle dispersioni termiche dell’involucro edilizio. Per quanto riguarda le coperture, la quantità di radiazione ricevuta sulla superficie orizzontale durante l’estate supera quella ricevuta da tutte le facciate; durante l’inverno detta quantità è superiore a quella delle facciate verso Nord, Est e Ovest, ma inferiore a quella ricevuta dalla facciata verso Sud.
C – Effetti della temperatura dell’aria. Oltre alla durata del soleggiamento e alla sua intensità, ai fini dell’effetto termico interessante una data facciata è necessario tener conto anche della temperatura dell’aria e, principalmente, i suoi caratteristici sfasamenti rispetto al fattore sole, sia nella giornata sia nell’arco dell’anno. La massima temperatura dell’aria si ha, infatti, tre ore circa dopo il mezzogiorno, mentre i massimi valori del soleggiamento si hanno al passaggio del sole sul meridiano. Relativamente alle stagioni, le temperature più elevate si registrano alla fine di luglio, mentre il giorno in cui il sole permane più a lungo sull’orizzonte è il solstizio d’estate (21 giugno). Questi sfasamenti a volte esercitano un’azione compensatrice, a volte un’azione cumulativa. Pertanto, nel caso delle facciate esposte a Est, l’aria più fresca del mattino assorbe parte del calore radiante ricevuto dalla parete; nelle facciate esposte a Ovest, invece, l’aria calda del pomeriggio si somma alla radiazione solare ricevuta, facendo risultare tali facciate particolarmente calde in estate. Inoltre, nelle facciate a ponente il calore estivo ricevuto dalle pareti durante il pomeriggio viene trasferito da queste durante la notte all’interno degli ambienti, rendendo la temperatura dell’aria interna ancora più calda e inadatta al sonno nel caso gli ambienti stessi siano destinati a camere da letto.
D – Penetrazione dei raggi solari negli ambienti. Per quanto riguarda la penetrazione dei raggi solari negli ambienti, il numero delle ore di sole penetranti in un ambiente è tanto maggiore quanto maggiore è la larghezza della finestra, mentre l’approfondimento dei raggi cresce con l’aumentare dell’altezza dell’architrave. Ulteriori fattori condizionanti sono costituiti dallo spessore dei muri, dalla presenza o meno di cornici e mostre aggettanti e, in caso di soleggiamento vincolato, dalla presenza di fabbricati e ostacoli fronti stanti.
Indicazioni per l’orientamento di un edificio
Per quanto riguarda il soleggiamento, i principi da seguire nella scelta dell’orientamento degli edifici posso essere riassunti come segue:
- massima utilizzazione del soleggiamento in inverno e massima riduzione in estate;
- distribuzione il più uniforme possibile delle ore di sole sulle diverse facciate, in caso di edifici a corpo doppio con più unità immobiliari;
- massima considerazione degli effetti della temperatura dell’aria;
- integrazione dei sistemi solari passivi o attivi finalizzati al risparmio energetico.
In climi freddi (dove l’obiettivo è quello di massimizzare i guadagni termici invernali), sia in climi caldi (dove l’obiettivo è quello di ridurre i guadagni termici estivi), per un edificio a corpo semplice converrà adottare una pianta rettangolare con l’asse principale dell’edificio orientato lungo la direzione Est-Ovest, in modo da massimizzare i guadagni termici invernali e ridurre gli apporti energetici in estate. Tale orientamento consente di beneficiare di un ampio fronte esposto a Sud che, oltre a un miglioramento del clima termo-igrometrico degli ambienti, permette di sfruttare l’energia solare incidente mediante sistemi solari passivi (nei climi freddi) e sistemi solari attivi (termici o fotovoltaici) da posizionare sulle facciate o in copertura. D’altra parte, la pianta rettangolare, a parità di volume, aumenta il rapporto di forma (S/V) rispetto a una pianta quadrata, aumentando conseguentemente le dispersioni termiche attraverso l’involucro. Nel caso si vogliano privilegiare forme più compatte, l’orientamento dovrà comunque essere quello Est-Ovest. In certe situazioni locali (nebbie mattutine, ombre portate da rilievi) è consigliabile una rotazione dal Sud verso Ovest di 5-10°. In generale, una rotazione fino a 15° non porta a sensibili riduzioni nel guadagno termico e sono ritenute accettabili rotazioni fino a 30°.
Le soluzioni da evitare sono quelle che prevedono una pianta rettangolare con l’asse maggiore orientato lungo la direzione Nord-Sud; tale orientamento da luogo al minimo apporto energetico in inverno e al massimo apporto in estate, risultano inidoneo sia per climi freddi che per quelli caldi.
L’orientamento equi solare
Nel caso si debba edificare un edificio a corpo doppio, destinato ad accogliere più unità immobiliari, l’esigenza, oltre a quella di poter sfruttare l’energia solare, è quella di garantire un soleggiamento in più possibile uniforme sulle diverse facciate. In tal caso l’orientamento risulta quello secondo l’asse così detto “equi solare” proposto nel 1939 da Gaetano Vinaccia, dato dalla retta che va dal punto in cui sorge il sole nel solstizio d’estate (Est/Nord-Est) a quello in cui tramonta nel solstizio d’inverno (Ovest/Sud-Ovest). Per le latitudini Nord comprese tra 40° e i 56° l’inclinazione di tale asse sulla direzione Est-Ovest è di circa 32° 24’ e, di conseguenza, di circa 58° su quella Nord-Sud. Orientando un edificio secondo l’asse equi solare si realizza una distribuzione più uniforme sia delle ore di luce sia della quantità di calore.
L’orientamento eliotermico
Lo sfasamento dei flussi termici e temperatura dell’aria giustificava la necessità di avvalersi di una nuova unità di misura, il “valore elio metrico”, definito come il prodotto della durata del soleggiamento in un punto per il valore della temperatura media dell’aria nel corso di tale durata. Sommando per ciascuna esposizione i valori elio metrici relativi ai 12 mesi (prendendo come valore medio del mese quello relativo al giorno 15) e riportando i valori espressi in percentuale su di un diagramma polare, si ottiene una raffigurazione a forma di foglia il cui asse di simmetria, detto asse elio metrico, risulta orientato di 18° Est rispetto all’asse Nord-Est. L’orientamento di un edificio secondo tale asse è detto orientamento elio metrico. In tale modo gli edifici verranno a trovarsi all’incirca nella direzione Nord-Est/Sud-Ovest e avranno le facciate principali parallele all’asse con valori elio metrici omogenei, mentre le facciate secondarie, perpendicolari all’asse, avranno rispettivamente un valore massimo per facciata esposta a Sud/Sud-Ovest e un valore minimo per quelle esposte a Nord/Nord-Est. Tra gli architetti che contribuirono più di altri a diffondere la teoria elio metrica vi fu certamente Le Corbusier. Oggi, gli strumenti e le conoscenze a nostra disposizione hanno mostrato i limiti scientifici della teoria elio metrica, apprezzandone tuttavia il valore storico dovuto al tentativo di risolvere attraverso l’architettura e l’urbanistica, i gravi problemi sanitari dell’edilizia dell’epoca.
Indicazione per la distribuzione dei locali
Sulla base delle considerazioni sopra riportate, le esposizioni migliori sono quelle Sud, Sud-Est, Sud-Ovest. Per quanto concerne l’esposizione Nord, va tenuto presente che è quella con maggiore regolarità di illuminazione, anche se ha minor durata di insolazione annua e spesso è maggiormente interessata dai venti. Tale esposizione risulta quindi utilizzabile senza problemi sia per cucine sia per gli altri locali di servizio delle abitazioni, ma anche per taluni locali di lavoro nei quali occorre privilegiare l’uniformità dell’illuminazione, evitando fenomeni di abbagliamento. Nel caso di edifici residenziali, le camere da letto e i locali utilizzati nella seconda parte della giornata traggono maggiori benefici da esposizioni Sud e Sud-Est in quanto quelle a Ovest e Sud-Ovest, assorbendo calore dal sole pomeridiano, risultano molto calde nella stagione estiva. Sulla base di quanto esposto è possibile fornire alcune indicazioni in relazione alla loro destinazione d’uso e alle ore della giornata in cui è prevista la loro utilizzazione.
Anche l’altezza dei piani influenza il clima termo-igrometrico degli ambienti interni. I piani sottotetto, per effetto del tetto stesso, sono molto caldi d’estate e molto freddo d’inverno e hanno altresì le massime oscillazioni giornaliere. I piani terreni, godendo in genere di più breve insolazione di quelli sovrastanti, sono più freschi d’estate, ma più freddi d’inverno. Gli interrati e i semi interrati, che sfruttano le proprietà termiche del terreno, hanno scarse oscillazioni termiche giornaliere e uniscono freschezza nell’estate e mitezza invernale, cosicché dal punto di vista termico sono locali privilegiati; tuttavia, la scarsità di luce e il maggior grado di umidità li rendono peggiori di tutti gli altri. Risulta quindi evidente che, dal punto di vista termico, i piani migliori sono quelli intermedi.
Ventilazione naturale
Per quanto riguarda la ventilazione naturale, dal punto di vista progettuale gli obiettivi da perseguire riguardano da un lato la protezione dell’edificio dai venti freddi invernali, dall’altro lo sfruttamento dei moti d’aria per il raffrescamento estivo. Sono in genere desiderabili le brezze che si verificano quando la temperatura dell’aria è superiore ai 24°C, indesiderabili i venti che si presentano nei periodi freddi da novembre a marzo. Gli edifici disposti perpendicolarmente alla direzione del vento ne ricevono sul lato esposto il pieno impatto; se orientati a 45°, la velocità del vento di riduce del 50%. Sfruttare o creare schermi può essere utile per ridurre le dispersioni invernali per convezione o per infiltrazione; per ottimizzare la ventilazione naturale degli ambienti è bene, invece, avere aperture esposte ai venti dominanti. Dovranno, inoltre, essere considerati gli effetti di deviazione dei venti, dovuti alla forma e alla disposizione dell’edificio, sugli edifici limitrofi e viceversa. Un edificio investito da una corrente d’aria accumula l’aria in moto sul lato sopravento, determinando un’area di pressione relativamente alta. Il flusso che avvolge l’edificio crea zone di bassa pressione sui lati adiacenti a quello sopravento. Sul lato sottovento si produce un’ombra di vento con una pressione relativamente bassa. Quest’ombra di vento verrà gradualmente riempita dall’aria circostante, sicché alla distanza di circa due volte e mezza l’altezza dell’edificio l’aria è in quiete; da questo punto l’aria affluisce, con moto retrogrado, sia verso l’edificio, sia nel senso del vento allontanandosi da esso. Il vento riacquista la sua velocità iniziale a una distanza pari a sette volte l’altezza dell’edificio.
La determinazione delle dimensioni della scia d’aria dovuta alla presenza di un edificio è importante sia ai fini dell’influenza che questa può avere su eventuali edifici a valle, sia ai fini della ventilazione interna dei locali. In particolare, all’aumentare della profondità dell’area di calma aumenta la portata d’aria in grado di attraversare l’edificio e quindi le potenzialità di raffrescamento per ventilazione naturale. Ovviamente, per sfruttare la ventilazione naturale le aperture andranno opportunamente posizionate e dimensionate in relazione alla direzione dei venti prevalenti. Gli andamenti dei flussi d’aria che si formano attorno all’edificio sono determinati dalla sua forma volumetrica e dall’orientamento, e sono indipendenti dalla velocità dell’aria. In particolare, le dimensioni di ingombro della scia dovuta a un edificio posto lungo un flusso di vento sono determinate non tanto dalle dimensioni assolute, quanto dalle dimensioni relative: la dimensione della scia cresce all’aumentare della larghezza e dell’altezza dell’edificio, e diminuisce con la profondità per effetto del maggior attrito del flusso dell’aria sulla superficie del tetto.
Dei tre parametri dimensionali, l’altezza è quella che determina le maggiori variazioni sulla profondità della scia prodotta, comportando maggiori vincoli alle distanze da eventuali altri edifici. Per quanto riguarda la forma della copertura, anche essa può influenzare i flussi d’aria che investono l’edificio. Le maggiori potenzialità di ventilazione naturale si hanno con coperture a falda singola sopravento; tale configurazione è quella che incrementa e omogeneizza la depressione della facciata sottovento.
Nello schema grafico sottostante, si riportano invece, per edifici di diversa forma geometrica e pari altezza, gli effetti sulle dimensioni di ingombro della scia determinati dalla variazione di orientamento rispetto alla direzione del flusso d’aria incidente.
Per quanto riguarda gli effetti di deviazione dei venti dovuti alla forma e alla disposizione dell’edificio sugli edifici limitrofi e viceversa, in genere le file di edifici posti tra loro a una distanza pari a sette volte le rispettive altezze assicurano un soddisfacente effetto di ventilazione per ciascun edificio. Il vento ha però la tendenza a scavalcare lunghe file parallele. Gi edifici disposti in linea provocano un’ombra di vento sugli edifici successivi e tale effetto è rafforzato dalla tendenza del vento a incanalarsi attraverso gli spazi aperti e passare sopra le ultime file. Una disposizione ad unità alternate sfrutta l’andamento rimbalzante del vento, poiché le case dirigono il flusso verso gli edifici successivi.
Gli schemi grafici successivi mostrano come gli affetti delle aperture possono incidere sulla ventilazione naturale interna agli edifici.
Se la densità di edificazione prevista non consente di evitare una eccessiva riduzione della velocità del vento attraverso l’ottimizzazione della configurazione planimetrica, al fine di garantire un efficace raffrescamento estivo è necessario prevedere altezze diversificate tra gli edifici.
Nei siti di mare o di lago, l’asse principale dell’edificio dovrebbe essere orientato parallelamente al litorale al fine di sfruttare il regime di brezza di mare e di terra.
Nello schema sopra riportato si evince quanto importante è l’analisi della vegetazione al fine di migliorare – sia nel periodo estivo che in quello invernale – l’apporto dei venti sugli edifici.
Clima acustico
Per quanto concerne la protezione dal rumore, nei limiti del possibile occorre situare l’edificio alla massima distanza dalla sorgente e sfruttare l’effetto schermante di ostacoli naturali o artificiali, quali rilievi di terreno, fasce di vegetazione o altri edifici, con le aree da proteggere ribassate rispetto alla fonte di rumore. Se l’area di intervento è prospiciente a un’infrastruttura viaria di un certo rilievo, a seconda degli obiettivi di tutela attesi, è di volta in volta da valutare se sia più opportuna una disposizione degli edifici parallela o perpendicolare alla strada. La disposizione perpendicolare produce un’esposizione diversa nei vari locali in quanto si ha un progressivo allontanamento dalla sorgente; in questo caso la parte maggiormente esposta dovrà prevedere un’adeguata prestazione passiva di isolamento acustico dell’involucro. Nel caso in cui l’asse maggiore dell’edificio sia disposto parallelamente alla strada, si dovrebbe cercare di sfruttare il doppio affaccio per destinare le zone maggiormente esposte a spazi cuscinetto quali spazi distributivi o accessori, e le parti più protette per le zone letto e soggiorno. La differenza di esposizione del rumore tra i due affacci può raggiungere anche i 30dB(A). Occorrerà prevedere anche dispositivi atti al contenimento delle vibrazioni, trasmesse dalla fondazione all’edificio, dovute alla presenza di strade percorse da traffico pesante. In linea generale, è opportuno evitare soluzioni che favoriscono la riflessione multipla delle onde sonore tra un edificio e l’altro o le parti di uno stesso edificio, ampliando l’effetto disturbante. Forme compatte che non presentano concavità possono evitare la distribuzione irregolare del suono, fenomeni di eco e distorsioni acustiche. Le tipologie a corte o a schiera sono più adatte delle casette isolate per realizzare giardini protetti dal rumore della strada; le recinzioni murarie sono sensibilmente più efficaci delle cancellate. L’accesso ai garage dovrebbe avvenire sullo stesso lato dell’edificio soggetto al rumore da traffico, separando l’accesso pedonale da quello veicolare.
Per quanto riguarda, invece, la forma della superficie dell’edificio (presenza di aggetti, balconi e terrazze) i suoi effetti possono essere sia positivi sia negativi in relazione alla forma della facciata, all’assorbimento della parte inferiore dell’aggetto e alla direzione prevalente del rumore incidente. Generalmente, l’effetto positivo è dovuto alla schermatura totale o parziale della facciata per mezzo di balconi o altri aggetti; l’effetto negativo è dovuto, invece, a riflessioni supplementari e a un campo sonoro che potrebbe essere considerato riverberante quando un balcone forma una chiusura parziale attorno al piano facciata (la norma UNI 12354 riporta i coefficienti correttivi da applicare nel calcolo dell’isolamento di facciata in funzione alla sua geometria). In presenza di elevati livelli di rumore nell’ambiente esterno si dovrà ricorrere ad opportuni sistemi schermanti, creando rimodellamenti morfologici del costruito a ridosso delle aree critiche, utilizzando apposite barriere antirumore di tipo artificiale o vegetale. Le barriere antirumore sono oggi installate con sempre maggior frequenza in prossimità di strade, ferrovie, e insediamenti industriali a protezione di aree residenziali o ricreative. Per essere efficaci, le barriere devono essere sufficientemente massicce da non essere attraversate dal rumore, e sufficientemente alte ed estese in modo da schermare alla vista la sorgente di rumore. Per favorire l’inserimento architettonico nel contesto, è possibile realizzare barriere in legno. Per quanto riguarda, invece, le barriere vegetali, affinché queste possano effettivamente contribuire all’attenuazione dei livelli di rumore è necessario valutare con attenzione le densità della chioma, i periodi di fogliazione e defogliazione, le dimensioni, la forma e l’accrescimento. Tuttavia, a causa, del fenomeno della diffrazione, l’attenuazione dovuta alla vegetazione è in genere più esigua, del valore di pochi decibel. Per ottenere effetti apprezzabili occorre una vegetazione molto densa con foglie di grande circonferenza più grandi distanze: ad esempio per ottenere una riduzione di 8dB(A) è necessaria una barriera arborea a elevata densità larga almeno 30 m.
Risultati migliori si ottengono con particolari terrapieni estremamente stretti rispetto all’altezza, ottenuti mediante supporti metallici e teli di contenimento della terra in tessuti organici. Tali schermi vengono seminati con piante rampicanti che, rivestendone le superfici verticali, creano uno stato fonoassorbente di foglie e fiori.
Qualità dell’aria ambiente
Al fine di migliorare la qualità dell’aria all’interno degli ambienti e negli spazi esterno di pertinenza, le possibili soluzioni progettuali riguardano il posizionamento e la forma dell’edificio, la riduzione delle fonti di inquinamento all’interno del sito e l’uso di barriere protettive. Per quanto riguarda il primo aspetto, la disposizione e la forma degli edifici devono essere tali da favorire l’allontanamento degli inquinanti anziché il loro ristagno. È opportuno, inoltre, collocare gli spazi aperti sottovento rispetto alle sorgenti inquinanti e distanti dai “canali” di scorrimento degli impianti, orientando gli edifici parallelamente alle correnti d’aria dominanti. La mitigazione alla fonte dell’inquinamento può essere perseguita attraverso la massima riduzione del traffico veicolare all’interno dell’area, limitandolo alla sosta o al parcheggio, con l’adozione di misure adeguate di mitigazione della velocità e la massima estensione delle zone pedonali e ciclabili. Di minore efficacia (anche se spesso rappresenta l’unica soluzione percorribile) è l’utilizzo delle aree pertinenziali del sito come protezione dall’inquinamento, ad esempio creando modellamenti morfologici del terreno, a ridosso delle aree critiche, con introduzione di elementi naturali o artificiali con funzione di barriera ai flussi d’aria trasportanti sostanze inquinanti. Naturalmente, l’efficacia di barriere artificiali migliora sensibilmente con la messa a dimora lungo le barriere stesse (e comunque lungo il perimetro dell’area di intervento) di fasce di vegetazione schermanti particolarmente idonee all’assorbimento delle sostanze inquinanti contenute nei flussi d’aria che investono l’edificio. Le barriere vegetali, diversamente da quanto si è visto nel caso dell’inquinamento acustico, in cui esse sono poco efficaci per la protezione al rumore, agendo come vero e proprio filtro dell’inquinamento atmosferico, sono infatti molto utilizzate per migliorare la qualità dell’aria.
La vegetazione è in grado di rimuovere dall’aria ambiente sia le sostanze corpulente, attraverso fenomeni di deposizione secca o umida sulle superfici, sia le specie gassose, attraverso meccanismi fisici e chimici che avvengono sulla parte esterna delle foglie e nei vegetali. Le capacità di abbattimento dei diversi inquinanti variano in funzione alla specie vegetale e dipendono dai fattori di tipo sia geometrico (estensione delle superfici legnose e fogliari, densità della chioma), sia biologico (potenzialità stomatica, caratteristiche chimico-fisiche delle superfici fogliari). Alcune specie, come Cupressus spp., Platanum spp., Taxus spp., mostrano, in particolare, un’elevata capacità filtrante nei confronti dell’anidride solforosa (SO2); altre quali Acer campestre e Quercius robur, esercitano la stessa azione nei confronti dei fluoruri. Le specie sempre verdi risultano, rispetto alle decidue, maggiormente efficaci anche d’inverno, quanto all’inquinamento da traffico veicolare si aggiungono le emissioni dovute agli impianti di riscaldamento civile.
In generale, le piante a foglia caduca come: Acer campestre, Acer platanoides, Acer pseudoplatanus, Alnus glutinosa (Ontano Nero o comune), Fraxinus spp, Gingko biloba, Gleditschia triacanthos e Salix spp., sono più resistenti di quelle a foglia persistente e, tra queste ultime, le conifere sono le meno resistenti. Le specie arboree a lenta crescita, con elevata capacità di regolazione stomatica, mostrano una maggiore tolleranza nei confronti dello stress da ozono (Acer platanoides, Betula pendula, Fagus sylvatica, Ulmus pumila). Pertanto, negli ambienti intensamente urbanizzati e inquinanti, la scelta delle specie vegetali dovrà privilegiare quelle in grado di abbinare adattabilità ed elevata capacità di depurazione dell’aria, preferendo, talvolta, specie non autoctone resistenti all’inquinamento. Naturalmente, ogni scelta delle essenze vegetali dovrà tenere conto anche di altre eventuali esigenze, quali l’ombreggiamento, la ventilazione naturale e le visuali.
La vegetazione dovrà essere disposta con funzione di frangivento rispetto alla direzione dei venti prevalenti, in relazione alla fonte di inquinamento, con attenzione all’altezza dei materiali vegetali impiegati, alla loro specie, densità e forma. L’area interessata dalla zona di calma dipende dall’altezza della specie che, agendo come barriera, riduce la velocità del vento nella zona sottovento per una estensione pari a circa venti volte l’altezza della stessa barriera. La barriera più efficace è composta da specie sempre verdi per circa 50% della sua costituzione e il 50% di specie caducifoglie, strutturata aggregando alberi con cespugli, e con alla base un prato polifita, (prato costituito da due o più specie foraggere coltivate) costituito da un maggior numero di specie leguminose per un migliore attecchimento delle essenze maggiori. Anche la presenza di acqua (vasche, fontane, canali) all’interno del lotto di pertinenza contribuisce a migliorare la qualità dell’aria influendo sull’umidità e sui moti convettivi. La disposizione a filare di alberi non dovrà tuttavia impedire la penetrazione di raggi solari nella stagione invernale e la circolazione dei venti nel periodo estivo.
Riferimenti bibliografici
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Osservatorio Ambiente “Val D’Agri”, 2014
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